TERMOLI. Sei un paziente, hai prenotato una visita oculistica e l’appuntamento ti viene assegnato dopo mesi. Hai necessità di sottoporti ad una risonanza, ma te la vedi fissare dopo un anno e più. Purtroppo le liste d’attesa sono diventate un male endemico; e ciò ad onta dei diritti sanciti dalla Costituzione.
Per attenuare i tempi non basta aumentare il numero di operatori e di apparecchiature a disposizione della collettività. In tutti i Paesi del mondo occidentale si è visto che, dopo un breve periodo, all’incremento dell’offerta segue il lievitare della domanda; ed i motivi sono molti. Tra i tanti, il fatto che, se i tempi sono brevi, crescono le verifiche prescritte solo per confermare situazioni già accertate; e che finiscono, per rivolgersi al sistema pubblico, anche quanti di solito fruiscono, a pagamento, dei privati. Eppure esiste una norma, sconosciuta ai più, che garantisce ai pazienti di ovviare alle code, fissando – in punto di diritto – il principio per cui il cittadino debba avere una visita medica o l’esame diagnostico in tempi certi.
E’ contenuta nell’Ordinamento sanitario nazionale, e si tratta di precetti inseriti del decreto legislativo n. 124 del 1998 (art. 3, c. 13), tutt’ora vigente, successivamente ribadito – a chiare lettere – tra le righe del Piano sanitario nazionale 2010-’12. Purtroppo a conoscerne i contenuti è solo una esigua minoranza, ragion per cui la possibilità che comincino a pervenire lettere di cittadini che pretendono la prestazione secondo i termini di legge preoccupa le Aziende Usl, ma esclusivamente quelle più attente che, come vedremo, hanno deliberato di acquisire prestazioni dai privati proprio allo scopo di ridurre i tempi. Insomma, se ad oggi sono stati in pochi ad approfittare delle possibilità offerte dalla regola succitata, non è detto che – in futuro – la situazione non possa mutare. Perciò le Regioni (che fa quella molisana?) si preparano a fronteggiare un problema che non è di scarso momento.
Ma cosa impone questo articolo? Che, quando i tempi di risposta dell’Ausl siano superiori a quelli previsti, tocca all’Azienda farsi carico del problema. Ragion per cui, se le attese superano i trenta od i sessanta giorni, “l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’àmbito dell’attività ‘intramoenia’ , versando solo il ‘ticket’ (ove dovuto)”. L’ordinamento elenca un gruppo di classi di priorità, contrassegnate da una lettera dell’alfabeto che le diversifica: la ‘u’ (di urgente) vuole che le prestazioni da eseguire vadano assicurate entro settantadue ore; le impegnative rosse con una ‘b’ (breve), entro 10 giorni; con la ‘d’ (differita), entro 30 per le visite ed entro 60 per gli accertamenti specialistici; con la ‘p’ (programmata) le prestazioni possono essere eseguite senza priorità.
Naturalmente le Regioni non hanno alcun interesse a rendere noto questo diritto, atteso che, garantirlo in certe realtà, considerati i tempi che occorrono per certi esami, riuscirebbe molto costoso. E così è stata posta in essere una sorta di congiura del silenzio, ragion per cui, pur essendo in tanti a mugugnare, quasi nessuno protesta ufficialmente per iscritto. E, secondo il Tribunale del malato, le norme dicono che tocca al paziente avanzare richieste, indirizzando un plico raccomandato al Direttore generale dell’Ausl interessata. E così il cerchio si chiude e si comprende perché siano veramente poche le Aziende che stanno tutelandosi. Ad esempio, quella di Roma (che assiste circa un milione di persone), l’anno scorso è stata resa destinataria di appena quattro richieste a sollecito di prestazioni. Quella di Palermo (con un ‘plafond’ di 1.600.000 persone) non ha acquisito manco una istanza. Quella di Bologna (800mila assistiti) mostra di avere accelerato le risposte negli ultimi anni; e sarà stato per questo che non le sono state indirizzate domande di accelerazione.
L’Azienda sanitaria di Firenze addirittura ha deliberato di acquisire prestazioni dai privati al fine di ridurre le liste di attesa. Solo quella lombarda ha deciso di pubblicizzare, per il tramite dei Cup, la possibilità per il paziente di ottenere comunque la visita o l’esame nei tempi stabiliti e proprio nei centri in cui si fanno le prenotazioni.
Claudio de Luca