CHIEUTI. La stagione primaverile delle Carresi si avvicina in basso Molise. La prima attesa manifestazione del trittico è prevista domenica 30 aprile a San Martino in Pensilis, per poi proseguire con Ururi e Portocannone. Ma il popolo delle Carresi vive anche del prologo della vicina Chieuti, località che fa parte dell’Unione Carresi, l’associazione presieduta da Pasquale Di Bello.
Oggi è il giorno della Corsa dei Carri, anche se sarà disputata su un tracciato ridotto, lungo circa 3 chilometri, i primi del percorso.
Giovedì scorso, alle 19, c’è stata la benedizione dei caschi, presieduta da don Antonio Di Domenico, parroco di Chieuti. Ieri sera quella del Lauro. I quattro carri ornati di alloro sono entrati uno alla volta in paese in segno di vittoria, i carri e i rimorchi con l’alloro hanno proceduto dietro e sono stati benedetti, ogni famiglia ha posto un ramo davanti casa. Quindi, c’è stata l’entrata del tarallo, che in processione dalla casa in cui è stato realizzato (ogni anno cambia), viene portato in chiesa in segno di devozione al santo. È fatto di pasta di caciocavallo, con l’utilizzo di circa 70 chili di pasta. Infine, celebrazione e benedizione dei bambini vestiti da San Giorgio. Questa mattina si celebra la messa dei carrieri e alle ore 10 estrazione della cartella per decretare l’ordine di partenza, alle ore 12 la benedizione e poi si scende alla partenza per il via previsto alle 14.
In gara i carri delle associazioni Cittadella, Giovanissimi, Collefinocchio Vaccareccia e Collefinocchio San Vito.
Ieri il sindaco Diego Iacono ha rivolto un lungo messaggio alla comunità locale, proprio sui dettami organizzativi dell’evento.
Uno dei fondatori dell’Unione Carresi, Nicola Vitale, ha così illustrato la tradizione chieutina sul gruppo social dell’associazione:
«Chieuti, San Giorgio e i rituali in suo onore dalla Treccia, al Lauro, alla Corsa dei Carri trainati da Buoi.
Giorgio Consilvio erede di questa tradizione e chieutino verace e devoto è colui che ha raccolto l’eredità materiale e immateriale che apre i rituali di primavera dell’antica Diocesi di Larino di cui Chieuti e Serracapriola assieme all’Abbazia Tremitese ne facevano parte.
Non sto qui ad analizzare il rito del Tarallo in sé che andrebbe approfondito in tutte le sue sfaccettature, ma reputo opportuno evidenziare che i tre rituali sono l’uno collegato all’altro in una sorta di Catena che lega indissolubilmente questi tre anelli.
Dopo il Tarallo che annuncia il rito primaverile e la nuova vita, l’ingresso del Lauro nei pressi della Chiesa dedicata a San Giorgio conferma la ritualità. Infatti il Lauro ha il suo significato nella cristianità.
Nella Bibbia, è anche un emblema di prosperità e fama.
Nel cristianesimo, simboleggia la risurrezione di Cristo e il trionfo dell’umanità; infatti riprese il valore che aveva nel mondo greco e romano che lo usavano per festeggiare i poeti e i generali vittoriosi, così arrivò a simboleggiare la resurrezione di Cristo, cioè di colui che ha vinto la morte con la sua resurrezione.
Nell’antichità greco-romana, l’alloro era sacro ad Apollo, e simbolo di sapienza e di gloria: di corone di alloro si cingeva la fronte dei poeti e dei vincitori.
L’alloro ancora oggi nella festa di San Giorgio a Chieuti non rievoca solo l’aspetto del suo significato sotto gli aspetti sopra descritto ma viene riportato nel senso strettamente localistico; esso infatti viene portato su di un carro trainato dai buoi in corsa prima dell’evento caratterizzante della festa in onore del Patrono ma che nel contempo è in stretta simbiosi indissolubile sulla scorta del significato non solo antropologico ma unitamente Religioso e devozionale.
L’arrivo dell’alloro in Chiesa è il preludio, dell’arrivo dei Buoi del giorno della Corsa dei Carri, sotto l’aspetto strettamente religioso che non può assolutamente identificarsi in un momento puramente provvisorio e momentaneo che andrebbe a snaturare tutti i principi a cui questa si ispira. Il Tarallo che simboleggia la festa in onore di San Giorgio che viene portato in Chiesa, l’arrivo dell’alloro su un carro in corsa che arriva al sagrato della chiesa preludio all’arrivo dei Carri il giorno della corsa sono quegli anelli della catena della cristianità che uniti fra loro rappresentano l’essenza religiosa e antropologica dei rituali chieutini. Questi anelli non possono essere portati alla stregua di un evento e basta ma vanno ricondotti a ciò che sono i diritti di comunità enunciati nella Convenzione di Faro, e nelle Convenzioni Unesco richiamati nella normativa e nel contempo i doveri di attenersi alle regole che le stesse richiamano a non stravolgere il senso della Patrimonialità culturale e costituzionale a cui queste manifestazioni appartengono.
La Carrese ha le sue essenze, le regole a cui deve sottostare nel rispetto degli interessi in campo e se emergono eventuali criticità di antropizzazione queste vanno affrontate e risolte senza guardare il lato meno impegnativo che poi penalizza l’interesse locale facendo passare poi la provvisorietà in definitiva che va a stravolgere i tre anelli che costituiscono poi la vera essenza del percorso religioso, culturale e antropologico».