mercoledì 5 Febbraio 2025
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CIVITACAMPOMARANO. Scuola di restauro: ‘Lavorazione della pietra e terremoto’.

CIVITACAMPOMARANO. L’edilizia molisana è caratterizzata, almeno fino alla seconda guerra mondiale, dall’uso prevalente della pietra locale. Con l’adozione generalizzata dei laterizi industriali e del cemento armato la pietra sarà utilizzata ancora come materiale di rivestimento per essere abbandonata, con velocità crescente, quasi del tutto. Insieme all’uso della pietra è andata perduta, un po’ alla volta ma con una progressione via via più grave, anche tutta la ricchezza di conoscenze e di abilità artigianali che i nostri antenati avevano maturato e che hanno permesso ai centri storici di arrivare fino ad oggi. Fenomeni di abbandono, frane e, in maniera più drammatica, il terremoto hanno riportato in primo piano il “problema pietra”. Negli anni precedenti solo qualcuno si era accorto e aveva denunciato i vasti fenomeni di asportazioni volontarie (tanti si sono venduti portali, balconi, caminetti, cantonali…), furti, vandalismi che avevano cominciato a impoverire il patrimonio regionale di manufatti in pietra. Solitamente non eccezionale ma sempre di grande dignità e, comunque, di valore per la cultura locale. Nel frattempo, cresce l’interesse per le case tradizionali da parte degli stranieri che hanno comperato case nel Molise. Ma qualcuno riflette su questo fenomeno che porta un po’ di soldi ma provoca gravi danni?

Questi temi hanno caratterizzato le attività didattiche della settimana scorsa alla scuola di restauro nel Castello di Civitacampomarano. La scuola è il risultato di un progetto di collaborazione, previsto dall’art. 15, tra i Comuni di Civitacampomarano e Ripabottoni, la Regione Molise, la Soprintendenza regionale e il Dipartimento di restauro dell’Università di Firenze che sta coordinando le attività formative con grande competenza ed efficacia.

Uno degli scopi del Centro di documentazione e formazione nel settore dei beni culturali e architettonici è proprio quello di suggerire riflessioni sul restauro e fornire occasioni di addestramento per lavorare in questo settore non tanto per produrre oggetti d’arte in pietra quanto per lavorare elementi con funzione strutturale. In una epoca di netto predominio di cementi armati e materiali speciali (la cui efficacia è ancora tutta da dimostrare nei tempi lunghi – come anche il terremoto molisano conferma) si ripresenta con sempre maggiore evidenza la necessità di ricorrere (nel restauro, certamente, ma anche nella nuova edilizia) alle “regole dell’arte del buon costruire” che si ricavano dall’irripetibile archivio di storia materiale di cui il Molise è ricco; una fonte di conoscenza che, arrivata fino a noi, rischia di andare irrimediabilmente perduta.

Negli aspetti operativi si tratta, tra l’altro, di contrastare l’eccessivo ricorso alla pratica invasiva e irreversibile del consolidamento a vantaggio del recupero di procedure basate su materiali locali e tecnologie tradizionali di manutenzione programmata.

Le attività didattiche sono state caratterizzate da un intervento del prof Luigi Marino (Università di Firenze e direttore della scuola) mirato a suggerire una padronanza della conoscenza dei materiali locali e delle tecniche costruttive tradizionali, e da un laboratorio di lavorazione della pietra condotto da Renato Chiocchio.

La lavorazione della pietra, dal primo spacco alla sbozzatura, dalla regolarizzazione degli spigoli e delle facce ai vari tipi di finitura, dalla lavorazione delle cornici e dei rilevati alla tassellatura degli elementi ammalorati, dagli intarsi con pietre diverse alla lucidatura, sono stati presentati agli allievi che hanno potuto vivere in prima persona una esperienza singolare in una bottega artigiana ricostruita nel cortile del castello di Civitacampomarano. Una ricca e ormai rara collezione di utensili è stata messa in mostra offrendo l’occasione di utilizzare attrezzi antichi gelosamente custoditi (talvolta ricavati da ferri di recupero) e moderni: bocciarde, gradine, punciotti, scalpelli….

L’identificazione dei ferri del mestiere è stata fatta utilizzando sia i termini italiani sia quelli dialettali (il lessico tecnico dialettale è ad alto rischio di perdita immediata); le simulazioni hanno consentito agli allievi di rendersi conto direttamente delle differenze di impiego dei vari attrezzi da punta e quelli da lancio, sperimentare le diversità di utilizzo/risultato dei singoli utensili e toccare con mano quella che è stata giustamente definita “archeologia del gesto”.

Renato Chiocchio è un maestro scalpellino di Oratino, figlio d’arte, che ha saputo attirare l’attenzione degli allievi mostrando una grande maestria nel trattare la pietra, talvolta accarezzata altre volte colpita con energia, ma sempre con il massimo rispetto. L’amore per un mestiere antico e sempre più raro traspare da ogni parola che ha pronunciato ma soprattutto da ogni traccia lasciata sulla pietra. Si è trattato di un laboratorio di grande interesse che diventa lo strumento di collegamento tra le comunicazioni teoriche fatte nelle settimane precedenti e il lavoro di cantiere che gli allievi stanno avviando su un edificio antico di Civitacampomarano